ZONA SUD – Liturgia penitenziale –-21 febbraio 2016
Invito
Fratelli, col peccato siamo venuti meno agli impegni del nostro Battesimo: preghiamo il Signore perché mediante la penitenza ci ristabilisca nel suo amore.
Salmo 25 (a cori alterni)
Inno alla bontà di Dio
A te, Signore, innalzo l’anima mia,Mio Dio, in te confido: che io non resti deluso!
Non trionfino su di me i miei nemici!
3 Chiunque in te spera non resti deluso;
sia deluso chi tradisce senza motivo.
4 Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
5 Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza;
io spero in te tutto il giorno.
6 Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
7 I peccati della mia giovinezza
e le mie ribellioni, non li ricordare:
ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.
8 Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
9 guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.
10 Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà
per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti.
11 Per il tuo nome, Signore,
perdona la mia colpa, anche se è grande.
12 C’è un uomo che teme il Signore?
Gli indicherà la via da scegliere.
13 Egli riposerà nel benessere,
la sua discendenza possederà la terra.
14 Il Signore si confida con chi lo teme:
gli fa conoscere la sua alleanza.
15 I miei occhi sono sempre rivolti al Signore,
è lui che fa uscire dalla rete il mio piede.
16 Volgiti a me e abbi pietà,
perché sono povero e solo.
17 Allarga il mio cuore angosciato,
liberami dagli affanni.
18 Vedi la mia povertà e la mia fatica
e perdona tutti i miei peccati.
19 Guarda i miei nemici: sono molti,
e mi detestano con odio violento.
20 Proteggimi, portami in salvo;
che io non resti deluso,
Mi proteggano integrità e rettitudine,
perché in te mi sono rifugiato
22 O Dio, libera Israele da tutte le sue angosce
perché in te ho sperato.
Parabola del ricco e del povero
C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: «Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma». Ma Abramo rispose: «Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi». E quello replicò: «Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento». Ma Abramo rispose: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro». E lui replicò: «No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno». Abramo rispose: «Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti»».
Cosa provate di fronte a Lazzaro? Avete cercato di dare un nome a quel ricco? Dove sta l’ingiustizia? Il problema è che quell’uomo ricco non riconosce Lazzaro come persona, cioè non lo riconosce come figlio di Dio. Non lo riconosce come persona che ha dei diritti, che sono dentro la natura della persona umana, e lo vede come un ingombro che dà fastidio.Perché il povero rimane povero? Perché il ricco rimane ricco! Ma perché il ricco rimane ricco? Perché è un incosciente! Perché il povero rimane povero? Perché è vittima di un’incoscienza! E la differenza dov’è? Che il povero non può far nulla, chi comanda è l’incosciente! Questo è il dramma!Io devo cominciare a ragionare in che misura creo il povero. Io creo il povero tutte le volte che non lo riconosco per quello che lui è nel Signore. Quando noi parliamo troppo delle ingiustizie sociali, sembra strano, non cambia neanche un’unghia, perché non cambiamo noi! Il mondo cambia nella misura che cambi tu! (D. Oreste)
Partire dagli ultimi davvero vuol dire dare per giustizia ciò che è dovuto, non per carità. Si tradisce la giustizia dando le briciole che cadono dalla tavola del ricco epulone anziché mettere il povero Lazzaro alla tavola del padrone.
Perché ad una emarginazione clamorosa risponde così poco la società attuale? Perché da parte dei credenti si risponde oggi quasi solo con il dare qualcosa? Mandare il piatto all’affamato e farlo restare fuori dalla porta mentre mangia non gli fa venire voglia di spaccare tutto? È la condivisione che sconvolge la nostra vita, che ci fa saldare la nostra vita alla loro senza mollarla finché non è risolta là dove siamo, nella scuola, nel lavoro, nella vita sociale, per fare sentire la loro voce, per farli diventare protagonisti della loro liberazione e della costruzione della città di Dio perché sia città degli uomini ( D. Oreste)
Parabola del fariseo e del pubblicano
Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo». Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
La preghiera è gridare a Dio, la preghiera è portare tutta la nostra vita a Dio, la preghiera è portare i nostri affetti a Dio, è portare il nostro lavoro a Dio, è portare la nostra vita di fraternità, di comunità,
l’impegno sociale, l’ impegno politico, è portare tutto, anche il nostro peccato a Dio.
Abbiamo visto nei vangeli come c’è una costante: tutti quelli che si relazionano al Signore
entrano in un atteggiamento di adorazione, di prostrazione, a volte anche col corpo,
pregano col corpo o con una contrizione del cuore; pensiamo al pubblicano nel tempio che
sta al fondo e dice “O Dio, abbi pietà di me peccatore”; di qui nasce la preghiera del
cuore, la preghiera del pellegrino russo; invece il fariseo gonfio davanti che prega e non
prega, parla tra sé e sé e dice : – grazie, Signore che io non sono come gli altri –
La preghiera è questo: portare la vita a Dio. ( P.Ramonda 52 ^lettera trimestrale)
Per il fariseo era impossibile mettersi in relazione con Dio. Si metteva alla pari, addirittura metteva avanti i suoi crediti. Non riconosceva Dio come il termine della sua vita e non vedeva la sua vita come un rapporto d’amore con Lui, perciò se ne andò via nei suoi peccati. Il pubblicano invece aveva riconosciuto in sé tutto quello che si opponeva a Dio e lo rifiutava, riconciliandosi con lui. La confessione del proprio peccato è il punto di partenza per una relazione con Dio, perché quando io confesso il mio peccato, mi riporto nella mia giusta misura e apro me stesso all’infinito dell’amore, all’infinito di Dio. Fratellini miei, questa è verità, per cui allora il primo ritornò a casa con se stesso, il secondo ritornò a casa giustificato, guarito da Dio, perché si era aperto di nuovo a Lui. Quando voi non pregate, non date la colpa al tem po, alla mancanza di tempo, alla quantità del lavoro, alle cose che opprimono. Non è vero niente! È che tu sei solo capace di pre gare te stesso. L’opposizione alla preghiera non è la quantità del lavoro; l’opposizione alla preghiera è l’essere pieni di se stessi. (Don Oreste )
Salmo 8 ( a cori alterni solista e assemblea)
– La gloria di Dio e la dignità dell’uomo
2 O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza,
3 Con la bocca di bambini e di lattanti:
hai posto una difesa contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
4 Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
5 che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?
6 Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
7 Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi:
8 tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
9 gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.
10 O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Confesso a Dio onnipotente … Padre nostro
Assisti e proteggi sempre, Signore, questa tua famiglia che ha posto in te ogni speranza,
perché liberata dalla corruzione del peccato, resti fedele all’impegno del Battesimo
e ottenga in premio l’eredità eterna. Per Cristo nostro Signore.